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"Nessuno
può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se al momento
in cui lo ha commesso, non era imputabile”. "E’ imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere”.
L’art.
85 del codice penale stabilisce la condicio
sine qua non un soggetto possa essere sottoposto a processo ed essere
eventualmente punito per un fatto previsto dalla legge come reato: il soggetto
deve essere capace di intendere e di volere.
Si
ha imputabilità quando il soggetto è capace di compiere una scelta, quando la
sua volontà è libera e capace di discernere il male dal bene e di operare di
conseguenza.
L’accertamento
della capacità
(si veda articolo della Dott.ssa Roberta Catania), ha il compito di determinare
lo status di un soggetto e verificare
se lo stesso possa essere considerato penalmente capace.
Di
conseguenza, la imputabilità non è un elemento del reato ma un presupposto del
reato, sicché il suo accertamento è preliminare ad ogni rapporto di diritto
penale tra l’agente ed il fatto giudicabile.
Attribuire
un reato ad un soggetto capace è poi il presupposto per l’applicazione a
costui di una "pena”.
Infatti
richiamando la previsione costituzionale secondo la quale la pena deve
consistere in trattamenti volti alla rieducazione del condannato (art. 27
Costituzione) è evidente che il giudizio di colpevolezza non può essere
disgiunto da un giudizio di "rimproverabilità” del fatto.
L’art.
88 del c.p. recita : "Non è imputabile chi nel momento in cui ha
commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la
capacità di intendere e di volere”.
Detta
norma è in stretta relazione con l’art. 85 c.p. e costituisce la
principale deroga alla capacità di diritto penale.
L’infermità
è uno stato patologico, e può essere permanente o transitorio.
La
infermità ricomprende le malattie vere e proprie ma anche le anomalie psichiche
e può essere sia un infermità psichica, sia una infermità fisica purché
incidente sulla capacità di intendere e di volere .
Il
vizio di mente può essere oltre che totale, parziale e naturalmente deve essere
ritenuta sussistente al momento del fatto.
Infatti
l’art. 89 c.p. recita : "Chi, nel momento in cui ha
commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare
grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere e di volere, risponde
del reato commesso, ma la pena è diminuita”.
Altre
due situazioni soggettive consentono, ove accertate, l’applicazione dei
principi di cui agli articoli 88 e 89 c.p. : la cronica intossicazione da alcol
o sostanze stupefacenti ed il sordomutismo.
È
dunque ragionevole ritenere che i giudici intendano percorrere il cammino
indicato dalla Suprema Corte a
fronte dei fisiologici mutamenti che investono il diritto, branca del sapere
costantemente in
fieri.
Avv.
Marco Baio
Patrocinante in Cassazione e dinanzi alle altre Giurisdizioni Superiori
(esperto in diritto penale e procedura penale)
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