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COVID-19 E LA PAURA DEI VACCINI: IL RUOLO DELL'INFORMAZIONE E DEI BIAS COGNITIVI
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A un anno dall’inizio della pandemia da Covid-19, la popolazione mondiale ha cominciato a intravedere la “luce infondo al tunnel” grazie alla messa a punto e alla diffusione dei primi vaccini contro il virus che ha costretto l’umanità ad un cambio radicale del proprio stile di vita. Il Sars-coV-2 continua a mietere molte vittime fra coloro che non hanno un sistema immunitario abbastanza forte da reggere l’invasione del virus; per tale scopo i vaccini ricoprono un ruolo fondamentale. Essi, infatti, permettono all’organismo di riconoscere il virus qualora esso lo incontri e gli forniscono la capacità di debellarlo. I vaccini anticovid, infatti, sfruttano alcuni meccanismi principali, per i quali si dividono in:
- Vaccini basati sulla tecnologia mRNA: essi proteggono l’organismo dal virus senza esporlo al virus stesso. Essi contengono un tipo di informazione genetica (detta mRNA o rna messaggero) con istruzioni su come creare copie della proteina spike del virus. La proteina spike consente al virus di penetrare nelle cellule umane e di moltiplicarsi, facendoci ammalare. Tuttavia, la proteina spike da sola è innocua. I vaccini mRNA insegnano al corpo a creare queste proteine così che il sistema immunitario le riconosca e sia pronto a sconfiggerle qualora si venga infettati dal virus.
- Vaccini a vettore virale: essi, invece, utilizzano un virus innocuo per trasmettere le istruzioni del virus minaccioso (es. Coronavirus) al nostro organismo al fine di produrre una proteina unica del virus e attivare la risposta immunitaria.
- Vaccini a base proteica: questo tipo di vaccini contengono frammenti di una proteina unica del virus; tali frammenti sono sufficienti affinché il sistema immunitario riconosca che la proteina unica non dovrebbe trovarsi nell’organismo e reagisca producendo difese naturali contro l’infezione da virus.
Perché se i vaccini svolgono una funzione così importante e sicura per la nostra salute, c’è chi ne ha paura e decide di rifiutare la vaccinazione?
I dati di uno studio condotto dall’Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), in collaborazione con il Laboratorio Management e Sanità (MeS) dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, riportano che nel nostro paese il 17,6% della popolazione non ha intenzione di vaccinarsi. Lo studio ha coinvolto 12.322 persone residenti in tutte le regioni e province autonome; nello specifico, la fascia più scettica della popolazione sarebbe quella compresa tra i 35 e i 44 anni.
Alla base di così tanto scetticismo sembrerebbero esserci problematiche legate alla qualità delle informazioni diffuse sui diversi canali di comunicazione (mis-informazione e dis-informazione), il rapporto di s-fiducia tra la popolazione e le autorità sanitarie, i movimenti no-vax, i bias cognitivi.
Il problema della comunicazione
Con l’avvento della pandemia da covid-19, si è osservata l’esplosione di un’altra “epidemia”: si tratta del fenomeno dell’Infodemia, ossia la circolazione di un’eccessiva quantità di informazioni, spesso non accuratamente vagliate, che rendono difficile riuscire ad orientarsi sulla conoscenza di un argomento a causa della frequente mancanza di fonti affidabili. L’organizzazione mondiale della sanità si sta occupando da circa un anno di contenere l’ondata di fake news, che hanno cominciato a diffondersi da inizio pandemia. Le fake news sono notizie deliberatamente false, costruite appositamente per creare confusione e che creano dis-informazione; esse sono “contagiose” e viaggiano ad alta velocità, più delle notizie ufficiali. La mis-informazione invece è il fenomeno di diffusione di notizie la cui fonte risulta scarsamente attendibile e che, parallelamente alle fake news trovano terreno fertile su tutti i mass media, in particolare i social network sui quali il controllo delle fonti non è rigoroso. La tragica conseguenza di questi due fenomeni è l’impossibilità per le persone e la società tutta di formarsi un’unica opinione forte, autorevole e affidabile (opinion leadership), restando in un limbo fatto di incertezza, confusione, cause di ansia, incertezza, scetticismo e sfiducia. Il sentimento di sfiducia è tuttavia alimentato dalle stesse fonti istituzionali, le quali, soprattutto negli ultimi mesi, hanno diffuso una serie di informazioni, spesso contraddittorie fra loro, presentandole ogni volta come verità assolute. Questa modalità comunicativa ha generato un sentimento di diffidenza marcata nei confronti delle autorità pubbliche e sanitarie, con drammatiche conseguenze che riguardano le scelte che un individuo compie per la propria salute.
I bias cognitivi
Di fronte ad una tale situazione di fragilità delle certezze, l’individuo si trova ad affrontare una condizione critica, di malessere e instabilità; quando si trova in tali condizioni il sistema neurobiologico umano percepisce uno stato di allerta e questo porta la mente a valutare le informazioni disponibili nell’ambiente circostante in modo sbagliato. Si parla di bias, scorciatoie cognitive, che hanno come scopo evolutivo la valutazione di stimoli esterni in modo da preservare la sopravvivenza dell’organismo. Qual è il bias che subentra di fronte alla decisione “mi sottopongo oppure no a vaccinazione?”. Essi in realtà sono molteplici. L’associazione con un evento avverso è uno di questi: di solito quando la mente umana si trova a dover valutare un rischio, la risposta dovrebbe risultare da un calcolo razionale fra la possibilità che una cosa avvenga e la gravità dell’avvenimento stesso; tuttavia questo calcolo non avviene sempre in maniera razionale, perché subentra la componente della “percezione di controllo” su quel determinato evento che conduce a scelte razionalmente sbagliate. Un esempio di valutazione irrazionale, dettata dalla percezione di scarso controllo, è la scelta di viaggiare in auto piuttosto che in aereo. Statisticamente, i viaggi in aereo sono più sicuri di quelli in auto (nel senso che viene registrato un quantitativo di sinistri in auto maggiore di quelli in aereo), eppure la guida dell’auto risulta immediatamente più sicura per il semplice fatto che del mezzo si può avere maggior controllo. Allo stesso modo, il non sapere con precisione cosa un vaccino contenga, sottrae all’individuo la percezione di controllo sulla propria salute: di fatto, ciò che un soggetto “vede” durante la somministrazione di un vaccino è solo del liquido sconosciuto che viene iniettato nel proprio corpo. La scarsa confidenza con le procedure mediche e i meccanismi sottostanti il funzionamento dei farmaci, in questo caso dei vaccini, è un altro bias cognitivo che destabilizza l’individuo e non gli permette di compiere una scelta serena per la propria salute, come quella della vaccinazione.
Al momento della scelta riguardante il sottoporsi o no a vaccinazione, un altro errore cognitivo che può subentrare è quello del bilancio tra pro e contro dettato dalla percezione del proprio stato di salute in quel preciso momento. È facile pensare a come un individuo sano, in buona salute fisica, privo di sintomi legati alla malattia per la quale dovrebbe vaccinarsi, tenda a non sentire la necessità di proteggersi e di avere una percezione amplificata di quelli che sono i possibili effetti collaterali della vaccinazione. Gli effetti collaterali, infatti, non sono da escludere, poiché con i vaccini è frequente osservare la risposta immunitaria dell’organismo con l’insorgenza di alcuni sintomi di breve durata e in piccola percentuale; tuttavia, tale possibilità, per una persona che nutre sfiducia e timore, è causa di rifiuto.
Su questo specifico timore, il movimento degli anti-vaccinisti, o no-vax, costruiscono le loro teorie a favore del rifiuto delle vaccinazioni. Dei no-vax si è sentito molto parlare qualche anno fa (2016-2017) con il fenomeno del rifiuto delle vaccinazioni anti-polio, tetano, pertosse, morbillo e rosolia da parte di genitori di bambini al di sotto dei tre anni, poiché vi era stata erroneamente attribuita la causa dello spettro dell’autismo. La conseguenza di tale dis-informazione mossa dai no-vax ha provocato un’ondata di ritorno di queste patologie infantili ormai “dimenticate”, provocando condizioni di malattia grave e in alcuni casi di decesso di minori in età prescolare. Può sembrare assurdo il ritorno di patologie debellate da secoli di vaccinazioni, eppure questo rivela la potenza dei meccanismi persuasivi dei no-vax sull’opinione pubblica. Questi movimenti, più o meno radicali, sfruttano strategie comunicative ben definite, quasi “scientifiche”, allo scopo di alimentare le paure delle persone e le reazioni di diffidenza. Essi utilizzano metodiche manipolative, agendo sul sistema emozionale che soggiace al fenomeno di mis-informazione. Tra queste strategie comunicative vi sono la selettività e le rappresentazioni e logiche false. La prima consiste nella citazione di dati estrapolati dal loro contesto, senza fornire il giusto valore significativo e la rappresentabilità dei dati rispetto al campione e alla loro rilevanza statistica. Nella pratica i dati citati non sono davvero portatori di informazione, ma sono limitati ad essere numeri soggetti a qualsiasi tipo di interpretazione. Anche sbagliata. Il fenomeno delle rappresentazioni e logiche false consistono nella tendenza a saltare a conclusioni assolutistiche, usando ragionamenti e analogie privi di logica.
Fortunatamente, il fenomeno della sospensione della vaccinazione è stato arginato presto con l’emanazione di alcune leggi che ne hanno sancito l’obbligatorietà per tutelare ingressi a scuola sicuri; ma non bisogna comunque dimenticare che i vaccini sono strumenti efficaci per la prevenzione di malattie che potrebbero anche essere mortali o comunque provocare gravi problemi di salute o disabilità permanenti. È grazie alle vaccinazioni che malattie come il morbillo, la parotite, la rosolia o la pertosse che secoli fa hanno avuto una diffusione epidemica, oggi sono state debellate.
È possibile immaginare come allo stesso modo, grazie alle vaccinazioni di oggi, anche il Covid-19 possa domani essere un lontano ricordo. “Per far sparire un virus dalla faccia della terra – afferma Roberto Burioni in un noto programma televisivo della Rai, il 18 Aprile 2021 – si devono vaccinare tutti gli esseri umani nel mondo”. Egli ha raccontato la storia dell’ultimo uomo sulla terra che ha sconfitto il vaiolo, malattia di cui oggi, grazie alle vaccinazioni, non si sente più parlare.
Qual è dunque l’arma per sconfiggere lo scetticismo di massa e porre fine al sentimento di sfiducia nelle autorità?
Una condizione prioritaria è sicuramente quella di ricostruire la fiducia tra i professionisti medici e le autorità sanitarie pubbliche; tale fiducia non è qualcosa di prescrivibile, non “piove dall’alto”, ma è necessario partire dall’ascolto dei dubbi e delle paure, favorendo la vicinanza comunicativa, chiara ed efficace tra esperti e non esperti. È importante aiutare i medici a migliorare la comunicazione con i propri pazienti, tenendo conto di tre fattori principali: l’analisi delle caratteristiche psicologiche associate all’esitazione e alla resistenza ai vaccini, il tener conto delle emozioni al momento della comunicazione dell’efficacia del vaccino, la capacità di fornire all’ascoltatore gli strumenti per sviluppare un pensiero critico. È necessario insegnare ai non esperti in materia medica a discriminare tra le fonti attendibili e le fake news, a capire quali sono le reali evidenze scientifiche piuttosto che limitarsi a prescrivere pillole di verità da accettare acriticamente.
Di fronte alla chiarezza, il dubbio si riduce. Di fronte alla fiducia che l’altro possa capire e imparare a pensare, si manifesta la razionalità del pensiero collettivo. La condivisione con gli interlocutori “non addetti ai lavori” di materiale informativo consultabile e reperibile, favorisce la diffusione di una cultura scientifica in favore delle scelte per la salute.
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Dott.ssa Maria Giovanna Ginni - Psicologa
Ordine degli Psicologi regione Puglia n. 6150
Master in Psicodiagnostica e Assessment Psicologico
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Tecnico ABA
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